ARCHIVIOStorie di “giustizia”: si confessa col prete ma la guardia ascolta

admin20/08/2013
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Del Mese Paolo bis

Il potere ha sempre un volto feroce, specie quello giudiziario, il più delicato ed insidioso. Feroce come costringere un detenuto a confessarsi in presenza di una guardia, però, nessuno l’immaginava ancora. Invece è successo, non agli albori della civiltà ma poche settimane fa in un ospedale di Sarno, nel caso di un detenuto che chiedeva di incontrare il prete per rimettere i propri peccati. Avendo il divieto assoluto di contatti con l’esterno, ha potuto farlo solo in presenza di un piantone.

 

Stiamo parlando dell’incredibile vicenda capitata a Paolo Del Mese (foto) ex sottosegretario Dc, ex presidente della Commissione Bilancio a Monte Citorio nel Prodi III, ex segretario nazionale dell’Udeur prima dell’evaporazione ceppalonide. Il noto politico meridionale è stato condotto in cella circa un anno fa con l’accusa di aver concorso alla bancarotta «per dissipazione» del pastificio Amato, già sponsor di Italia ’90. Un crac da 200 milioni al quale, secondo le interpretazioni di un rapporto dei finanzieri da parte dei pm, Del Mese avrebbe contribuito avendo ottenuto dal patron dell’azienda un prestito di 900mila euro. Meno dello 0,5% dell’ammontare della pretesa bancarotta, percentuale che ricorda quella all’origine della vicenda Mediaset di cui si straparla dal primo agosto.

Durante la carcerazione preventiva (durata un anno!) insorgono seri problemi ortopedici, il detenuto necessita del chirurgo ma i suoi avvocati sbattono la testa più di una volta: le toghe negano il permesso, può stare in carcere anche così, i pareri medici valgono e non valgono, dipende. Avvilente presagio di ciò che avverrà di lì a poco all’ospedale Villa Malta, a Sarno, dove al termine di una surreale tribolazione il politico verrà ricoverato. Odissea nell’Odissea che chissà quante migliaia di detenuti in Italia si sobbarcano, senza però i mezzi e la visibilità di Del Mese.

Un giorno chiede di potersi confessare e le cose, a quel punto, iniziano a farsi kafkiane tra permessi, telefonate a vuoto, autorizzazioni, carte e cartuscelle. Alla fine spunta il prete per raccogliere i peccati privatissimi sì, ma fino a un certo punto, perché Del Mese lo farà in presenza del piantone. Lui che parla al prete e la guardia nella stanza che non sai se senta o no. Incredibile. Una situazione che dire imbarazzante è puro eufemismo ma che è invece realmente accaduta. «Cosa ho sofferto di più in carcere? -dirà Del Mese ad Andrea Pellegrino di Cronache del salernitano«non poter partecipare ai funerali di Andreotti, non poter assistere alla nascita di mio nipote e, soprattutto, l’esser costretto a confessarmi dinanzi ad una guardia».

Saltiamo, per ora, la reazione del «coraggioso» sacerdote e le aperte violazioni del diritto canonico (il canone 983) che sono cosa seria almeno quanto i codici repubblicani. Esaminando invece la giurisprudenza italiana, non si registrano casi analoghi, tra l’altro i commenti della dottrina al carcere duro, il 41 bis, sostengono univocamente che il diritto alla libertà religiosa e al suo esercizio rituale non è mai comprimibile (così anche la Consulta con la sentenza 349/93), neppure per superiori esigenze di sicurezza in regimi detentivi speciali: che non è il nostro caso essendo Del Mese addirittura in custodia cautelare.

Per non dire delle evidenti violazioni dei principi costituzionali (art. 7) delle libertà fondamentali dell’individuo e tutto l’insieme di diritti inalienabili di ognuno, a partire da quello alla libertà di professione religiosa. Se fosse stato musulmano, forse a quest’ora avremmo già un paio di note stampa della Boldrini.

Salerno forgia così un nuovo istituto giuridico: la confessione «ottriata», un record forse non solo italiano.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 17 agosto 2013)

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