Il giudice di Cassazione Antonio Esposito probabilmente maledice quel 2 agosto. Quando ha telefonato alla firma storica del Mattino di Napoli, Antonio Manzo (foto) che quattro giorni dopo, nell’edizione del quotidiano partenopeo del 6 agosto, pubblicherà l’intervista che è già passata agli annali della storia del giornalismo italiano. «Abbiamo valutato tutto, ogni reazione possibile, con il direttore Alessandro Barbano. Poi la decisione di pubblicare l’intervista con il rigore della trascrizione fedele delle parole del presidente Antonio Esposito. Non farlo sarebbe stata un’autocensura clamorosa fondata più sulle prevedibili reazioni che sulle paro.e dell’alto magistrato. E’ nata così un’operazione esclusivamente giornalistica».
Ma secondo te, parlando con Il Mattino, il giudice Esposito l’ha anticipata o no la motivazione della sentenza Mediaset?
«Cosa pensi che possa risponderti?»
Ma chi ha chiamato chi, tu o Esposito?
«Sono stato chiamato io…»
Quando?
«L’1 agosto. Nemmeno un’ora dopo la lettura della sentenza Mediaset. Perché l’abbia fatto non lo so. Considera che ci conosciamo da una vita»
E secondo te è normale che un giudice che ha appena letto la sentenza più pesante dell’ultimo ventennio senta l’esigenza di farsi due chiacchiere con un giornalista?
«Non so cosa intendi per “normale”. Così, a occhio e croce, ti risponderei: no non mi sembra normale, però…»
Però?
«Però tieni presente che c’era già stato un precedente tra me e Esposito …»
Spiega
«Dato che i nostri rapporti sono sempre stati improntati ad una reciproca correttezza, lo intervistai anche il giorno dopo un’altra sentenza importante, quella che spedì in galera Totò Cuffaro… Non mi pare che allora successe questo pandemonio».
Esposito ti accusa di avergli messo in bocca parole che lui non avrebbe pronunciato
«Io non ho messo in bocca a Esposito proprio niente»
Magari ti è scappata una sbavatura
«Ma l’hai letta l’intervista?»
Ci mancherebbe…
«E ti sembra che roba così l’avrei potuta trattare con una sola virgola di approssimazione?»
A giudicare dalla croce che ti hanno buttato addosso i giornali che hanno preso le difese di Esposito parrebbe di sì. Hai visto, no? Sembra che hai rubato loro una fidanzata.
«Io non so se le cose stanno come dici tu. Certo che mi fanno pensare…
Sospetti che tra Esposito e giornali come Il Fatto Quotidiano e Repubblica ci fossero accordi per scrivere della sentenza in ben altro modo?
«Non lo so. So per certo che con Il Mattino non c’era nessun accordo. Nel senso che dopo esserci sentiti la sera della sentenza, allorché tentai subito di tirar fuori una notizia, Esposito mi disse che al momento non poteva parlare ma che se l’avessi richiamato dopo qualche giorno mi avrebbe rilasciato un’intervista».
Il famoso “agguato”…
«Ma quale agguato! Pensa che dovette ricordarmelo il direttore Barbano. Fu lui a dirmi, “ehi, cosa aspetti a chiamare Esposito?” Chiamai. Il resto è cronaca».
Non mi hai risposto: ti risulta di aver “bruciato” La Repubblica e Il Fatto Quotidiano?
«E’ una sensazione. Non ho le prove, naturalmente. Però, se non ricordo male, già il 4 agosto, cioè due giorni prima della sua uscita con noi, Esposito rilasciò un’intervista al Fatto Quotidiano per smentire i particolari di una cena a Verona raccontata il giorno prima sul Giornale da Stefano Lorenzetto, il collega che in quella cena sedeva allo stesso tavolo del nostro giudice…
Perciò, non ti senti di essere stato, come dicono loro, “scorretto, cialtrone, traditore, servo di Berlusconi”?
«C’è un’abitudine un po’ becera che tende a screditare tutti coloro che fanno il nostro mestiere senza la pretesa di possedere la verità in tasca e senza la prosopopea di chi ritiene che il giornalismo sia militanza dalla “giusta causa”. Non mi ha mai convinto la narrazione berlusconiana. Ma nemmeno l’atiberlusconismo è la mia tazza di tè. Ho avuto la fortuna di frequentare un’altra scuola. Quella delle notizie. Punto. Boia e lacché sono altri mestieri».
Eppure sta passando l’idea che tu sia un berlusconiano
«Vuoi conoscere il mio grado di contaminazione con l’orrido Cavaliere?»
Conosciamolo.
«Ho parlato con Berlusconi una sola volta in vita mia: marzo 1994, era la sua prima discesa vittoriosa in politica insieme a Lega ed ex Msi. Sergio Zavoli (allora direttore del Mattino, ndr) mi spedisce a Milano a raccontare i vincitori. Eravamo in via Rovati, in una sede Fininvest, provenienti da via Bellerio quartier generale della Lega. Aspettavamo Bossi e Berlusconi per una conferenza stampa: il senatùr alla fine non venne e il leader dell’allora Forza Italia si esibì in un assolo. Mi disse: «Lei è del Mattino di Napoli? Mi saluti il suo direttore, è un grande giornalista».
Tutto qui?
«Tutto qui».
Ciononostante si continua a far filtrare l’idea che la tua intervista è truccata
«Io quell’intervista la rivendico nella sua interezza dalla prima all’ultima parola».
Esposito sostiene che il suo imprimatur è stato apposto su un testo diverso da quello che ha trovato in edicola
«Esposito ha detto esattamente le cose che hai letto nell’intervista. I nastri sono a disposizione, le quasi-mitiche copie dei fax reciproci pure. Quando l’autorità giudiziaria ce li chiederà, se ce li chiederà, li metteremo a disposizione (come poi è successo lunedì scorso, ndr)»
Quindi, Esposito ha di fatto anticipato al Mattino le motivazioni della sentenza
«Non potevamo certo fare un titolo “Esposito anticipa le motivazioni…”»
E’ un mese che tanti colleghi ti cercano, perché hai parlato solo con Tempi?
«Per istinto, vi leggo, mi piacete»
Peppe Rinaldi (dal settimanale “Tempi” n. 35 del 4 settembre 2013)
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–Manzo: “Ho trascritto fedelmente l’intervista ad Esposito. Non c’è stato nessun agguato”.