ARCHIVIOUn altro camorrista liberato per i ritardi delle toghe

admin12/07/2013
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 scarcerazione

L’ha scritto Filippo Facci proprio ieri: i magistrati fanno quel che vogliono, nel senso che sono principalmente loro a stabilire il ritmo e a scandire i tempi dei processi, delineandone il destino. Nel bene ma pure nel male. La materia è nota, oltre che incandescente. Il punto è che di questo passo, nessuno potrà sentirsi al riparo da improvvise schizofrenie del sistema. Velocità tripla rispetto alla media se il caso è politico-mediatico, magari targato Berlusconi, serafico approccio ordinario per il resto.

Tanto serafico che lunedì, ad esempio, un killer ergastolano di Napoli, Luigi Ferrara (Libero ne ha scritto ieri) veniva liberato per scadenza dei termini di fase e martedì, sempre a Napoli, un altro elemento di spicco della criminalità organizzata campana prendeva il volo e, tu guarda il caso, sempre per inosservanza dei parametri fissati dalla legge nella tempistica della custodia cautelare. E tutto accadeva nelle stesse ore in cui gran parte dell’attenzione del Paese (o almeno dell’apparato mediatico) era concentrata sulla clamorosa, seppur legittima, celerità con cui la Cassazione si prepara a definire la vicenda Mediatrade del Cavaliere. Universi che stridono in tutta evidenza.

Ad uscire dalla cella, stavolta, è Salvatore Maggio, elemento di spicco del clan Mazzarella. La storia l’ha raccontata ieri lo storico quotidiano napoletano Roma.
Il ras del gruppo egemone di piazza Mercato è stato liberato perché la sentenza definitiva che lo riguardava non è arrivata nei termini di legge: che non sono indicati in sei mesi e neppure in trentasei, bensì in sei anni. Sei anni entro i quali gli organi giudicanti avrebbero dovuto, tassativamente e nei vari passaggi di grado, stendere e notificare un verdetto di colpevolezza che giustificasse la permanenza in carcere del detenuto. Maggio aveva sul groppone una condanna a dieci anni per associazione a delinquere di stampo camorristico: in più due collaboratori di giustizia lo accusano (ma per questo non è ancora stato giudicato) di essere esecutore materiale e mandante di due omicidi legati alle eterne faide tra cosche che insanguinano Napoli e la Campania da sempre. In buona sostanza sei anni non sono stati sufficienti ai magistrati  titolari del caso a chiuder la pratica. 

L’iter non è tanto inusuale, nel senso che spesso si verificano episodi del genere: il punto è che non vengono mai accompagnati dal medesimo clamore riservato ad altre analoghe vicende. Come invece dovrebbero, viste le potenziali conseguenze. Salvatore Maggio una volta in carcere viene condannato in primo grado a dieci anni, l’Appello poi confermerà ma quando si arriva in Cassazione tutto viene annullato e rispedito alla Corte d’Appello di Napoli perché rifaccia daccapo il processo. E qui nasce l’inghippo che, inaspettatamente, guiderà uno degli uomini chiave (per gli inquirenti) del clan Mazzarella verso la libertà. Perché quella nuova sentenza non arriverà mai in tempo e il ricorso dell’avvocato difensore, Riccardo Ferone, colpirà nel segno costringendo i giudici a firmare la scarcerazione del ras di piazza Mercato.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 12 luglio 2013)

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