ARCHIVIONapoli, gli attacchini dal braccio d’oro: paghe fino a 5mila euro

admin02/07/2013
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Attacchini Napoli

Se i cervelli fuggono all’estero e le braccia restano in patria, una ragione ci sarà. Magari è la speranza di andar a fare gli attacchini a Napoli per conto della “Elpis spa”, l’ex società mista pubblico-privata dove il più «inguaiato» dei dipendenti incamera attorno ai 2.100 euro mensili. E dove, incredibilmente, un impiegato può arrivare a prendere fino a 5mila euro di stipendio. Possibile? Tutto è possibile, o meglio, tutto è stato possibile nell’Italia dello spendi e spandi, finché le cose non hanno mutato di colore. La storia la conosciamo.

 

Ciò che non conoscevamo altrettanto bene, invece, ce l’ha raccontato l’altro giorno “Il Giornale di Napoli”, storica testata napoletana, che ha passato in rassegna i conti della Elpis, un piccolo-grande carrozzone concepito e realizzato durante il favoloso regno del viceré Bassolino e della viceregina Jervolino. De Magistris è arrivato troppo tardi. Almeno così sembra.

Sessanta dipendenti in tutto, dai dati acquisiti, che costavano attorno ai tre milioni all’anno: il che significa che, di dodici mesi in dodici mesi, le cifre hanno iniziato a farsi blu. Fino a cedere sotto il peso della solite assurdità amministrative e contabili. Il socio privato è poi fallito (un classico) e oggi la Elpis è di proprietà totale del Comune: a sentire il nuovo assessore alle Finanze Palma, entro la fine di giugno sarà assorbita dalla più grande “Napoli Servizi”.
Ricapitoliamo: la Elpis spa si occupa dell’affissione di manifesti e cartelloni pubblicitari, oltre che della riscossione dei canoni degli inserzionisti. Il business è goloso ovunque, non solo a Napoli: resta da capire se altrove gli emolumenti del personale siano stati altrettanto golosi.
Secondo i prospetti societari aggiornati al terzo trimestre del 2011 -in pratica a non più di un anno e mezzo fa- per attaccare manifesti si arrivava a stipendi di oltre 3,200 euro al mese e, se il lavoro invece lo svolgevi in ufficio, la cifra toccava i cinquemila euro: tanto quanto l’Antonio Ingroia versione pre-Aosta, con la differenza che a Napoli c’era qualcuno a far qualcosa.

Il tabellario degli stipendi indica che si poteva giungere a portare a casa fino a 5.074,4 euro al mese, che fanno 3.777 euro netti. Davvero niente male. E gli ultimi arrivati in ordine gerarchico e cronologico neppure potevano lamentarsi: il meno pagato leggeva sulla propria busta paga la cifra di 1.441,3 euro gravando sulla società per altri 500 euro circa, un totale lordo per il più povero della Elpis pari a 1.963,3 euro. Quando poi «scendiamo in strada» e consideriamo i lavoratori che materialmente attaccano manifesti e pubblicità varie troviamo cifre di livello considerevole per quel tipo di «manovalanza»: 3.260 euro lordi, più o meno 2.400 netti, quasi il doppio di un docente di scuola statale. All’ingrosso.

Escludendo gli emolumenti dei dirigenti, gli oneri sociali ed i Tfr, nel 2011, la Elpis ha erogato in stipendi oltre 2milioni di euro, ai circa sessanta lavoratori inquadrati con il contratto nazionale del settore del commercio, terziario e servizi. Dei ventidue impiegati, gli otto di fascia alta guadagnano in media 3.219 euro al mese, i nove di fascia intermedia circa 2.177 euro, mentre i restanti sei si fermano a 1.716 euro al mese. Ottimi anche gli stipendi dei trentotto operai, suddivisi in due fasce di retribuzione da 2.127 euro al mese, per ventuno operai, e 1.824 euro, per gli altri diciassette. In un contesto del genere non poteva poi mancare anche un discreto carnet di consulenze ed incarichi distribuiti nel corso degli anni dal consiglio di amministrazione. Chi si è occupato del problema è stato un consigliere comunale dell’Idv (Antonio Luogno) che ha iniziato a far le pulci alla società. Da qualche mese si registra un ritocco di cifre e partite contabili per il personale, poca roba, ma in direzione di un abbassamento concreto. Vedremo nei prossimi bilanci.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 2 luglio 2013)

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