ARCHIVIOCoppa America, De Magistris si sente ingiuriato dall’inchiesta: che somiglia a quelle che faceva lui

admin24/07/2013
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de magistris coppa america

«Non mi fermeranno né la camorra né la magistratura. E da questa indagine, aggiungo, io mi sento ingiuriato». Se non si trattasse di Luigi De Magistris (nella foto da www.napolitoday.it) la frase rientrerebbe tra quelle di prammatica, una delle tante che da almeno un ventennio siamo abituati a sentire ogni volta che la magistratura mette becco nelle faccende della politica. A torto e a ragione. 

Invece è proprio lo stesso De Magistris che alle inchieste «dove non si capisce come sia stato possibile turbare quell’asta» (ipse dixit), quando non alle indagini in cui «vadano fino in fondo tanto non troveranno nulla» (idem), per non dir di quelle «dove stiamo ricevendo palate di fango» (ibidem), deve tutta la sua fortuna politica. Senza i maxi spot di cui è stato beneficiario con le varie Why Not, Poseidone e Toghe Lucane (ed altre ancora, meno blasonate ma altrettanto efficaci) oggi non esisterebbe nessun sindaco arancione, prima ancora non ci sarebbe stato un europarlamentare dell’Idv da 500mila voti, Santoro, Travaglio e portamanette al seguito avrebbero avuto un feticcio in meno da offrire sui patiboli e la magistratura stessa ne sarebbe uscita leggermente meno devastata in immagine e credibilità. Erano tutte indagini farlocche, di cui è rimasta ben poca roba affastellata in un paio di tribunali, rimessa ora alla guerra tra bande di toghe in eterno regolamento di conti, ora alla stanca inventiva di qualche ex collega tra Campania, Calabria e Lucania. Sostanzialmente, parliamo del nulla.

Oggi, questa vicenda dell’asta turbata per la scelta del partner privato della società di scopo che ha organizzato l’America’s Cup, fa esplodere tutte le contraddizioni di un personaggio -e di una fase particolarissima della vita politica del Paese- al vertice del potere della terza città italiana: e che città. Perché De Magistris proprio non ci sta a farsi mettere sotto scacco da quegli stessi uffici che ha bazzicato per anni, prima e dopo la “tragica” esperienza calabrese. E un po’ di ragione, paradossalmente, ce l’ha pure: si consideri, ad esempio, che si è sentito domandare in sede formale dai pm che lo interrogavano per la storia delle troppe buche stradali, come mai avesse deciso di utilizzare i fondi comunali per iniziative varie invece di ripararle. Domande che si commentano autonomamente.

Tornando all’America’s Cup, la celebre gara velica internazionale giunta alla seconda edizione nel golfo di Napoli, De Magistris, il governatore Caldoro e l’ex presidente della provincia Luigi Cesaro (universalmente conosciuto come «Giggino ‘a purpetta») avrebbero condizionato la scelta del soggetto privato: Paolo Graziano, presidente dell’associazione industriali napoletani, pure indagato, ne avrebbe ricavato indebiti benefici da tanta intercessione, unitamente a Claudio De Magistris, discusso fratello del sindaco (ma per supposti profili penali diversi, relativi all’organizzazione degli eventi nel corpo della manifestazione), Maurizio Maddaloni, presidente della Camera di Commercio ed Attilio Auricchio, uomo chiave della struttura di De Magistris in quanto suo potente capo di gabinetto attuale nonché collaboratore dello stesso sindaco ai tempi in cui l’uno era magistrato a Catanzaro e l’altro ufficiale dei carabinieri delegato – tra un mare di polemiche- alle indagini di cui sopra.

Ed è proprio dal computer del colonnello Auricchio, sequestrato, dissequestrato dal Riesame e risequestrato dalla procura che è emersa la notizia che il sindaco venuto per scassare tutto e restituire l’onore ad una città da secoli abituata a tutto, era finito nel registro degli indagati anche per questa storia. «Non ho ricevuto nulla, l’ho appreso dai giornali. Mi ricordo di quando facevo il magistrato: più la politica faceva più mi presentavano denunce e più indagavo. Posso, a questo punto, anticipare le prossime inchieste visto che ogni atto che facciamo genera una denuncia da chi non si rassegna a non poter metter mano al Comune: sul concerto di Bruce Springsteen, sulla pista ciclabile, su Bagnoli, etc». Sembra inverosimile ma è sempre lui, lo stesso che per anni ci ha ammoniti sul fatto che «un politico indagato ha il dovere di dimettersi» a parlare in quel modo e non uno dei tanti puzzoni del centrodestra schiavo del Cav.

L’assedio all’ex pm «dalla schiena dritta» è ormai quasi circolare, sulla sua giunta grava più di un’ indagine e, verosimilmente, altre ancora ne arriveranno. Vale per Napoli, vale per qualsiasi altro posto: e non sempre è la strada giusta.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 24 luglio 2013)

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