ARCHIVIOVirata in Calabria, voltafaccia grillino sulla legge anti-clan: «Colpisce pure noi»

admin25/06/2013
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Grillo Beppe 

Come in tutte le cose, c’è un prima e c’è un dopo. Anche per il Movimento 5 Stelle, che già sconta l’immersione nella realtà con fastidi legati alla democrazia interna, all’organizzazione, alla linea politica e -soprattutto- alla diaria. Prendi la Calabria, splendida terra dove spesso tutto si sfuma, si affetta, si ovatta, si rende impercettibile. Qui i grillini non sfuggono all’immaginario cliché e continuano a trattare con basso profilo una faccenda centrale: come ci si deve rapportare con la massoneria? 

Della legge Lazzati, quella cioè che punisce (rectius, avrebbe dovuto punire…) il sorvegliato speciale che fa campagna elettorale e il candidato, che ne facciamo? Ora possono deciderlo, sono legislatori anche loro. E’ qui che tornano il prima e il dopo, arco temporale segnato dalle urne di febbraio.

Prima: tutti uniti ventre a terra contro la ‘ndrangheta chiedendo che la famosa «Legge Lazzati» (dal nome di un centro studi di Lametia intitolato al giurista, che ne è stato intenso promotore) venga modificata in Parlamento restituendole l’impianto originario, in senso cioè più restrittivo rispetto al testo approvato tre anni fa, un po’ annacquato. Dopo: fermi tutti, la Lazzati è una «str…ata» come si legge nel loro infinito telematico, uno strumento obsoleto, inutile, che oggi non servirebbe. Davvero? Eppure era un cavallo di battaglia tosto prima di febbraio. E ora? Qui sta il punto, la confusione avanza e pure i tremori si avvertono. La Lazzati, nelle previsioni originarie e nonostante la brevità testuale era abbastanza rigida: punizione severa per chi rientrasse nella fattispecie del 416-ter del codice penale. Solo che ci si è accorti dopo che se la battaglia per l’inasprimento andasse in porto a farne le spese sarebbero stati quelli del movimento stesso. Lo dicono apertamente nel Meet-up della Sila, riferendosi ai soci del No Tav: tanti, tra questi, sono sorvegliati speciali, se passasse la modifica verrebbero puniti per aver fatto propaganda ai propri candidati. Insomma, materia complessa ed incandescente in mano a personale non esattamente specializzato, diciamo. 

Se a questo aggiungiamo la diatriba sulla massoneria e, soprattutto, sull’adesione al movimento di amanti del compasso (si legge di nomi e cognomi di massoni dichiarati iscritti e di feroci avversari della muratoria uniti sotto lo stesso simbolo) ecco che la miscela si fa esplosiva. Fino a culminare con «processi», litigi, scontri, allontanamenti coatti o indiretti. Trattandosi di grillini va da sé che la faccenda sia curiosa. Come, ad esempio, l’ «esilio» non si sa quanto volontario dell’attivista cosentina Stefania Greco, fedelissima del nuovo capogruppo al Senato, Nando Morra, precipitosamente intervenuto via web per tentare di riportare ordine. Senza troppo successo a quanto pare. La Greco  avrebbe avuto l’ardire di inviare ai «cittadini» una mail con cui informava che avrebbe provveduto a far arrivare al senatore Morra le proposte e le esigenze varie del territorio vista la mole di lavoro a Palazzo Madama. Apriti cielo: si scatena la rivolta, al punto che la donna sembra sia stata oggetto di un «giudizio on line» culminato con l’abbandono. C’è perfino chi si è spinto oltre parlando di mobbing. Si vedrà. 

Saltando la questione campanilistica che interviene sempre in questi casi (Cosenza è stata leader fino a pochi mesi per il M5S, ma ora ci sono altri pezzi di Calabria in fermento) la «prova» della retromarcia sulle metodiche anti-‘ndrangheta/massoneria la si ricava anche dal raduno di sabato prossimo a Rende. Prima delle lotte intestine, tutti i parlamentari M5S avrebbero dovuto confluire a San Luca, culla della Locride, zona di ‘ndrangheta vera. Poi si doveva fare un mega raduno nella piana di Gioia Tauro come contraltare all’happening di poche settimane fa in Val di Susa.

Alla fine, ci si vedrà allegramente sabato vicino Cosenza, con “Musica e Legalità”, concerti, ricchi premi e cotillons. Non ci saranno piadine ma «cuddrurieddi» (squisitezze locali): se no sai che bella festa dell’Unità.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 25 giugno 2013)

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