ARCHIVIOUn romanzo sulle storture del processo scritto da un penalista: esce “Magistrati!”

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Le storture della magistratura, a cominciare dal rapporto con la politica, la sua vera o presunta auotonomia e indipendenza, la necessita’ di riforme che rimettano al centro il processo e garantiscano ai cittadini i diritti previsti dalla Costituzione. Sono i temi del romanzo del penalista Bruno Larosa, intitolato ‘Magistrati!’. Lo spunto e’ la storia di Ignazio Cirillo, un pm che, tentato dalla prospettiva di diventare ispettore del ministero della Giustizia, accetta di manipolare un processo. Cirillo sara’ arrestato per questo e avra’ come difensore Guido Castiglione, un avvocato che non crede piu’ alla giustizia. Dietro la vicenda, un ‘sistema’ che coinvolge magistrati, politici, affaristi, giornalisti, banchieri, alti ufficiali delle forze della ordine e burocrati di Stato. L’immagine e’ quella di una giustizia penale compromessa. 

 

Al di la’ dei singoli casi, resta la “solitudine del penalista – sottolinea Anna Rossomando, deputata del Pd e componente della commissione Giustizia – che e’ chiamato a difendere anche l’indifendibile e diventa cosi’ il presupposto indispensabile per il sistema di garanzie”. Per Rossomando il vero problema e’ il “recupero della centralita’ del processo, che per l’inefficienza dello stesso sistema e altro nell’ultimo ventennio e’ stato spostato in altri luoghi, diventando spesso mediatico”. Ma anche questa rischia di essere un’operazione inutile se non si affronta prima “il problema del bilanciamento tra i poteri dello Stato e se non si libera la giustizia dal terreno di scontro politico, frenando cosi’ ogni tentativo di riforma”.

Dal libro “emerge una critica al mito dell’efficienza della giustizia per come siamo abituati a intenderla – dice il gip del tribunale di Napoli, Raffaele Piccirillo – e per come viene raccontata, anche dai media. Uno spiraglio di ottimismo puo’ arrivare dalla motivazione, che e’ il modo con cui i giudici rendono ragione al popolo della loro interpretazione. E’ cio’ che ci rende controllabili dai cittadini”. Per Piccirillo bisogna evitare il rischio “dell’autoreferenzialita’ della giustizia, che in alcuni casi diventa autismo e quindi incapacita’ di confrontarsi con l’altro”. Il tono “addolorato e caustico” utilizzato nel racconto, “e’ la scelta piu’ naturale, spiega l’autore, perche’ “questa storia non nasce da una farsa, ma dal dolore che vivono quotidianamente i giudici e i cittadini di fronte a fatti del genere”.

Redazione Eolopress

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