Attenzione: se fate l’assessore e la vostra anziana madre scivola e batte la testa procurandosi una ferita da cui sgorga sangue a fiotti, non azzardatevi a trasportarla in ospedale con l’auto di servizio. Non fatelo, perché prima o poi non solo spunterà un pm della procura ordinaria a contestarvi il peculato ma addirittura rischiate che faccia capolino un suo omologo della Corte dei conti che vi chiederà, appunto, conto dell’abuso.
Non è una barzelletta, una delle tante che circolano negli ambienti dei brutti, sporchi e cattivi che hanno in uggia il feticcio dell’autonomia della magistratura: no, è quanto realmente accaduto all’ex deputato ed ex assessore della giunta Jervolino, Peppe Gambale (foto). Il cardiologo napoletano, oltre ad aver già sperimentato di persona cosa significhi finire nelle mani di pm ardimentosi, raddoppia l’esperienza con un seguito dal tratto surreale.
Ricapitoliamo: siamo a Napoli, è il 2008, in procura si decide di decapitare una losca associazione composta da mezza giunta Jervolino, dirigenti, funzionari e l’imprenditore Alfredo Romeo. Al centro un mega appalto, tra l’altro mai realizzato, il Global Service. Flash, taccuini, vagonate di pagine di giornale zeppe di intercettazioni e così via. Non era vero niente, tutti assolti (tranne una condanna «d’ufficio» per Romeo a due anni). Nel frattempo uno degli indagati, l’assessore Nugnes, si era impiccato. Gambale era tra gli arrestati, si fece circa 70 giorni di domiciliari, poi doppia assoluzione, in primo e secondo grado.
Mentre erano sotto botta parte un’altra indagine, relativa all’uso delle auto blu degli assessori. Gambale era tra essi. Il pm li trascina davanti al gup che però proscioglie: e siamo già al secondo flop consecutivo. Ma la procura rilancia ricorrendo in Cassazione: ancora un palo, la Suprema Corte non li segue i pubblici ministeri napoletani. Tutto finito? Manco per idea perché da poche settimane a Gambale (e anche agli altri assessori) è giunta la contestazione di un sostituto procuratore della Corte dei Conti che – dice testualmente- «da notizie di stampa si apprendeva dell’utilizzo delle auto blu da parte degli assessori e altresì del procedimento penale (…). Indipendentemente dalla sentenza di assoluzione è emersa una responsabilità erariale dei convenuti». Indipendentemente dall’assoluzione? Cioè? Se io non ho commesso nulla, significa che quel fatto non c’è stato, e se non c’è stato com’è possibile che abbia prodotto effetti? Forse la cosa si spiega con questa frase usata dal magistrato contabile: «Condotta moralmente riprovevole dei convenuti». Moralmente? Per tutto questo si chiedono a Gambale circa mille euro di risarcimento. Vien da ridere ma è successo davvero: cioè Gambale è stato moralmente riprovevole per aver soccorso la madre con la testa spaccata; moralmente riprovevole per essere andato al Meeting di Rimini con l’auto blu (come hanno fatto e faranno decine di ministri, deputati e presidenti della repubblica); moralmente riprovevole per altri due episodi che è inutile ora ripercorrere.
Parlando con Libero, Gambale più che allargare le braccia non può. Un tempo, era un acceso giustizialista, membro della Rete di Orlando, deputato dell’Antimafia, sposava come tanti le cause dei pm. Finché non ha capito. «La riforma della giustizia e delle intercettazioni è la priorità, anche se le leggi già ci sono: basterebbe osservarle». Come dagli torto. Nel suo libro “Solo per ingiustizia” si chiedeva: ma è questa la magistratura che ho sempre difeso? Sì, onorevole è (anche) questa.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 2 giugno 2013)