Oggi è l’Ises, domani un altro: e chissà quanti casi analoghi ci sono in giro per il territorio italiano. Certo è che se la sanità pubblica si trova nelle condizioni in cui è, molto si deve al gigantesco giro di «influenze» (oggi si chiamano così) che dagli uffici delle Asl (nella foto la sede centrale di via Nizza a Salerno) raggiungono gli enti locali e i vari organismi ed uffici pubblici che sovrintendono al meccanismo dell’autorizzazione preventiva. E della verifica successiva.
Quale altra vicenda, tra quelle di natura locale meritevoli d’esser affrontate, presenta tanti lati opachi tutti insieme che inferiscono la politica, le autorità sanitarie, le forze dell’ordine, gli ispettorati vari, i vigili del fuoco, la prefettura, la magistratura, il sistema dell’informazione, eccetera? Forse nessuna, almeno al momento. La domanda al fondo di tutto è sempre la stessa: chi autorizzava cosa, chi firmava, chi consentiva il flusso milionario verso una struttura priva delle certificazioni obbligatorie, chi è stato, come si chiama? E, soprattutto, perché? In altre parole: chi ha permesso che ad un centro medico, certo non l’unico, venissero erogati fondi pubblici per anni senza i requisiti di base imposti dalla legge e che tutti gli altri, grandi e piccoli, devono rigidamente osservare?
Come sappiamo l’Ises di Eboli, (foto a destra) che si occupa del recupero e della riabilitazione dei disabili, non ha la certificazione di agibilità dell’immobile in cui ha sede, documento che incarna il presupposto senza il quale non si può neppure iniziare a discutere. Giusto? Sbagliato? Può darsi: sta di fatto che è così.
Le domande, come sempre accade, iniziano poi ad ottenere le prime risposte. Saltiamo per ora i livelli locali del Comune, dove il gioco è chiaro e scoperto. Scavando, invece, tra le varie fonti, si è appurato che almeno due alti dirigenti dell’Asl di Salerno hanno firmato le autorizzazioni, certificando che l’Ises fosse in possesso di tutti i requisiti di legge per essere accreditato presso la Regione Campania e che, di conseguenza, quest’ultima poteva tranquillamente erogare i nostri soldi, che –ricordiamolo- ammontano a circa quattro milioni di euro l’anno. Il 30 dicembre 2008 (un classico la data di fine anno, un po’ come quella del 14 agosto o del venerdì santo) il direttore della struttura complessa “Tutela delle fasce deboli” dell’Asl di Salerno, il dottor Francesco D’Addino, scrive alla Regione Campania dicendo che « (…) alla luce di quanto già espresso dal Direttore Generale, questa struttura aziendale comunica l’esito favorevole per la riconferma nell’Albo regionale del Centro Ises». Chiaro no? E’ lo stesso poi D’Addino a darci la notizia-bomba, cioè che il Direttore del tempo «in data 8/10/2008 con prot. n.5491, comunicava alla Giunta regionale della Campania che le certificazioni e le chiarificazioni prodotte dalla società cooperativa Ises erano plausibili di accoglienza e, pertanto, non vi erano motivi ostativi alla riconferma dell’iscrizione all’Albo regionale». Non vi erano motivi ostativi, le certificazioni prodotte erano plausibili di accoglienza: nientedimeno. In parole povere, per il manager del tempo (e, mutatis mutandis, si suppone pure per quello attuale vista una certa inattività) e per il dirigente D’Addino i documenti erano a posto. Ma chi era al tempo il Dg dell’Asl? Il dottor Federico Pagano (foto sotto a sinistra) manager indicato dalla politica (secondo legge) precisamente dall’Udeur quando ancora Mastella contava qualcosa: poi le cose sono andate come sono andate, Pagano è tornato in auge nei mesi scorsi salvo poi esser escluso per questioni legate all’età in rapporto alla nuova normativa.Fatto sta che due manager importanti dell’Asl si sono assunti la responsabilità di dire che era tutto a norma: e sappiamo che non è così. Ci sarà una spiegazione. Poi accade qualcosa di strano, nel senso che il dottor D’Addino a distanza di due mesi circa (precisamente il 26 febbraio 2009) scrive di nuovo alla Regione dicendo che « (…) si conferma esito favorevole… per la riconferma del Centro Ises nell’Albo regionale delle strutture provvisoriamente accreditate (oggi la legge è cambiata, ndr). Si attesta infatti che sono state sanate le precedenti osservazioni evidenziate dalla Commissione aziendale di controllo». E via con un elenco di cose “sanate” che è meglio non ripetere per evitar di trasformare davvero la cosa in barzelletta. La cosa curiosa, però, è che ad un tratto si scrive che è stato esibito il nuovo Certificato di prevenzione incendi: il che è possibile, resta da capire però chi sia stato il dirigente dei Vigili del fuoco che ha certificato una cosa incertificabile già a vista d’occhio. La stranezza richiamata è che sempre il dirigente D’Addino il 25 agosto 2009 fa un repentino dietro-front, scrivendo al sindaco di Eboli (cioè a Melchionda) e al direttore del Dipartimento prevenzione Asl per chiarimenti sulla mancanza della certificazione di agibilità: ma come, pochi mesi prima sia lui che Pagano avevano certificato che tutto era in regola e poi, di colpo, si torna a chiedere l’Abc? Svelato il mistero: c’era stato un sopralluogo del Nas dei carabinieri che aveva portato a galla la verità. Ecco perché ora è tutto una corsa (vana) contro il tempo nei vari uffici a mettere «le carte a posto», come si dice normalmente. Può darsi che ai dirigenti siano state presentate documentazioni carenti: si tratta allora di ripercorrere la catena burocratica al contrario, impossibile non venirne a capo. Per ora le firme ufficiali sono quelle lì, il resto si vedrà.
Al Comune di Eboli pare non sappiano più che pesci prendere, la frittata è fatta, ci sono alcuni procedimenti penali aperti ed altri ambiguamente dormienti, che a breve sviscereremo. Del resto questa è una patata bollente, tutta targata centrosinistra (con qualche capatina pure nel centrodestra): il sindaco, oltre al livello di coinvolgimento personale storico, ha un paio di parenti stretti direttamente interessati dalla questione; il vicesindaco, invece, ha più di una decina tra parenti acquisiti e diretti che vi lavorano; un altro consigliere del Pd vi ha piazzato la consorte; il presidente del Consiglio comunale idem con una cognata impiegata da anni, e così via. Ma la cosa più sorprendente è che vi lavorano anche mogli e sorelle di dirigenti o funzionari Asl, manco a farlo apposta del settore della Riabilitazione, il che potrebbe offrire un’ulteriore chiave di lettura. E qui ci fermiamo per carità di patria.
Insomma è un pateracchio politico-personale di non facile soluzione e che, drammaticamente, si pone all’origine di molti fastidi attuali. Certo, si continua a fingere che sul tappeto ci siano problemi seri, che la crisi politica attuale -stando a quanto raccontano i media– sia esiziale: in realtà, si tratta di un piccolo mercato locale dei bottoni, con una città ostaggio di banali esigenze private sullo sfondo di giganteschi problemi che prima o poi si abbatteranno come fulmini sulla collettività. A cominciare dal guaio serio per i lavoratori dell’Ises e, soprattutto, delle tante famiglie dei disabili che vi hanno trovato assistenza.
Al municipio ebolitano sembra si scannino per chissà cosa: vai a vedere e invece in ballo c’è uno staffista che il sindaco si sarebbe rifiutato di ingaggiare e che interessava un consigliere del Pd; un ordine di sfratto (a sua volta una probabile ritorsione) di un immobile Iacp occupato abusivamente dalla sorella di un consigliere dell’Udc e qualche altra piccola marchetta di questo tenore. Niente di grave, si intende, cose che capitano ovunque: il guaio è quando durano per anni caratterizzano un’epoca. Un po’ come per il sistema dei controlli nel caso Ises.