NAPOLI- La ‘strage di San Martino’ (foto d’archivio) avvenuta a Napoli l’11 novembre del 1989 e nella quale furono uccise sei persone di cui quattro innocenti, ha segnato un cambiamento irreversibile per il quartiere: quel giorno la ”normalita” e’ stata squarciata e distrutta una volta per tutte. Lo scrivono i giudici della terza sezione della Corte d’assise di Napoli (presidente Carlo Spagna, a latere Nicola Russo) nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso febbraio, 24 anni dopo l’eccidio, accogliendo le richieste del pm Vincenzo D’Onofrio, sono state emesse 17 condanne, di cui 11 all’ergastolo.
Per i giudici, con quella sparatoria, avvenuta di sabato sera in corso Ponticelli, fuori alla gelateria Sayonara, ”si e’ manifestato per la prima volta, in tutta la sua violenza, uno dei clan piu’ sanguinari della Campania, quello della famiglia Sarno, responsabile nel tempo di una serie veramente impressionante di omicidi”.
Dal processo e’ emerso che l’agguato fu deciso dai Sarno e attuato da affiliati al clan Aprea per colpire il gruppo rivale capeggiato dal boss Andrea Andreotti. Obiettivo dei killer erano Antonio Borrelli e Vincenzo Meo, ma assieme a loro furono uccisi anche Gaetano De Cicco, Domenico Guarracino, Salvatore Benaglia e Gaetano Di Nocera.
Secondo i giudici, aver ucciso quattro innocenti, anziche’ indebolire i clan Sarno e Aprea, paradossalmente li rafforzo’, consegnando nelle loro mani la periferia orientale di Napoli per almeno un ventennio.