CASERTA- I carabinieri del nucleo operativo ecologico di Caserta, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla procura di Napoli-Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip presso il Tribunale di Napoli nei confronti di 32 persone, gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di attivita’ organizzata per il traffico di rifiuti.
Le indagini, avviate nel dicembre 2011 e condotte con l’aiuto di intercettazioni telefoniche, servizi di appostamento e controlli del territorio, hanno fatto emergere tre contesti associativi attivi nella regione, in particolare nel napoletano, nel casertano, nel beneventano e nell’avellinese, ognuno con modalita’ proprie e particolari. Gli investigatori hanno quindi seguito tre diversi percorsi di indagine. Secondo quanto hanno ricostruito i carabinieri, le attivita’ illecite erano regolate da una spontanea spartizione delle zone di competenza: gli indagati infatti senza alcun accordo diretto ma seguendo un criterio di opportunita’, evitavano di invadere l’uno il territorio degli altri.
Il primo filone di indagine si e’ concentrato su imprese attive nel casertano e napoletano e sull’importazione di rifiuti tessili dalla Germania, poi esportati all’estero in paesi come Bolivia, India e Tunisia senza essere stati sottoposti a effettivo e oggettivo recupero e quindi con etichette false che ne certificavano il recupero, la selezione e l’igienizzazione come previsto dalle norme sanitarie. Questo tipo di commercio permetteva di abbattere i costi da sostenere per il recupero dei rifiuti. Gli accertamenti svolti dai carabinieri hanno permesso di verificare che la merce venduta verso i Paesi poveri dell’America Latina, Asia e Africa era mista a rifiuti di ogni altra tipologia: da escrementi a farmaci scaduti, fino a cibi avariati.
Il secondo filone di indagine ha riguardato imprese e associazioni attive nella raccolta illecita dei rifiuti sul territorio campano, tra cui anche alcune onlus che nello statuto dichiaravano di avvalersi di persone diversamente abili e svantaggiate. Gli indagati, anche attraverso segni e raffigurazioni che evocavano la carita’ cristiana, si celavano dietro l’opera umanitaria delle associazioni. Secondo l’accusa con questo espediente inducevano i comuni a favorirli nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti, costituiti da indumenti post consumo. Cosi’ gli indagati acquisivano una sorta di diritto di esclusiva nella raccolta nei territori comunali e quindi dei successivi introiti derivanti dalla commercializzazione dei rifiuti mai sottoposti a procedure di selezione, igienizzazione e recupero.
Il terzo filone di indagine ha riguardato una confederazione di diversi nuclei familiari e persone a loro contigue, estranee a qualsiasi autorizzazione a operare nel settore dei rifiuti che si sono uniti con i mezzi a disposizione e intorno alle strutture familiari. Queste persone, molte delle quali gia’ in passato colpiti da misure cautelari personali nell’ambito di procedimenti penali riguardanti violazioni della stessa natura, erano attive nella raccolta e nel trasporto abusivi, nel recupero illecito, nello smaltimento o nella cessione di rifiuti tessili in generale, nel casertano e nel napoletano, perseverando nell’illecito nonostante le indagini intraprese nei loro confronti.
In particolar modo i rifiuti a seguito di sommaria selezione erano commercializzati, mentre tutti quelli non ritenuti idonei ad assicurare guadagni venivano illecitamente smaltiti mediante l’abbandono nei cassonetti per la raccolta dei rifiuti urbani, ovvero in strada o in zone rurali. Durante l’esecuzione dei provvedimenti sono stati inoltre effettuati i sequestri delle aziende e dei mezzi utilizzati dagli arrestati nella perpetrazione dei reati, per un valore complessivo ancora da quantificare con esattezza, superiore comunque ai 10 milioni di euro.