E’ la democrazia bellezza. In genere funziona: ma siamo sicuri che a Napoli, l’aver fatto annullare il raduno di «Alba Dorata Europa» (nella foto un loro manifesto di propaganda) sia esattamente democrazia? A fine giornata, dopo una gara a chi fosse il più antifascista di tutti, gli organizzatori della manifestazione per la firma dell’atto costituente del movimento, fanno sapere che tutto è rinviato a data da destinarsi. Lo hanno detto in una nota diffusa in tarda serata: troppa tensione, si rischiava di far pagare conseguenze a chi non c’entrava niente. Addirittura. Ma che cosa era successo prima?
De Magistris aveva subito espresso il proprio dissenso definendo il raduno “una cosa indegna, una scelta ignobile”. Previsto prima per le 15, poi anticipato per motivi di ordine pubblico alle 11, alla fine è annullato. I «cugini» degli ultra nazionalisti di destra greci, non potranno riunirsi. Avrebbe dovuto essere il momento fondativo di un gruppo che, però, pare non si richiami direttamente all’esperienza della Grecia: o, almeno, così sostengono in pubblico alcuni.
Il leader si chiama Vincenzo Maresca, è di Torre Annunziata ma vive a Pordenone da molti anni, viene convocato in questura appena la notizia che Napoli avrebbe fatto da «ostetrica» del movimento aveva innescato la rituale indignazione. Una contro manifestazione era già stata programmata ad Agnano, slogan come «emergenza democratica» e «militanza anti fascista sempre» abbondavano nei circuiti e sulla rete. Eppure quelli di Alba Dorata Europa dicono di non avere colori politici, i loro valori si limiterebbero a pescare nel tradizionalismo e nel nazionalismo. Vogliono l’abolizione dell’euro “per non essere più schiavi dell’Europa” – si legge sul loro sito- aggiungendo di “non essere sognatori: siamo consapevoli delle difficoltà che incontreremo ma siamo determinati a lottare per conseguire i nostri obiettivi”. Senza trascurare punti di contatto con l’attualità: “Noi non staremo fermi a guardare mentre questo governo dell’inganno si prepara a toglierci tutte le libertà che i nostri vecchi si sono guadagnati con fatica”. Finora nessun appello a liberare l’Italia dalla «sporcizia» (come i greci hanno detto riferendosi all’immigrazione), né manifesti o programmi esplicitamente xenofobi o razzisti.
Ora, che i 99 Posse e satelliti vari della galassia sinistrorsa come il gruppo «Napoli anti razzista e anti fascista» si straccino le vesti increduli che finalmente si materializzi la propria ragion d’essere, fa parte del sacrosanto gioco della democrazia. Che, però, scenda in prima linea firmando la petizione organizzata dai pionieri della «Posse» per chiedere alle istituzioni di impedire il raduno, un sindaco con le caratteristiche di De Magistris, desta automatiche perplessità.
Al di là della considerazione che un’istituzione debba garantire a chiunque la libertà di riunione scolpita in Costituzione (che De Magistris e molti altri sembrano leggere a seconda delle contingenze) è curioso che l’humus politico-culturale del sindaco, nonché della maggioranza che lo appoggia, appaia poco legittimato alla rivolta contro il «pericolo nazi-fascista». Quel che è accaduto a Milano solo pochi giorni fa con il tentativo di sgombero di un centro sociale, indica ambiguità: basti pensare che il giorno dopo i disordini milanesi alcuni tra gli assessori dell’amico arancione Pisapia erano on the road per contestare non punk-a-bestia e ribelli vari, bensì la polizia.
A Napoli, invece, si è andati direttamente alla radice: niente manifestazione, niente albe dorate, tutti gli altri – e ce ne sono – si. Il sindaco si è giocata la sua carta con i compagni dando una spolveratina alla patente di anti fascista permanente, negli ultimi tempi un po’ appannata dalla realtà della politica di tutti i giorni. Certo, fosse stato un sindaco di un partito «normale» ci poteva stare tanta reattività, ma De Magistris è emanazione non solo di centri sociali e antagonisti integrali, ma anche dei Carc, acronimo che sta per «Comitati di appoggio alla resistenza comunista». Il che è tutto un programma. In qualunque parte del mondo libero svastica e falce e martello si equivalgono: in Italia no. E Napoli, oggi, ne è l’ennesima dimostrazione.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 26 maggio 2013)