ARCHIVIOIn galera un anno e mezzo ma non era un camorrista

admin13/03/2013
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Gambino Alberico

Era stato il sindaco del Pdl più votato d’Italia con oltre il 75% dei voti, al punto che Silvio Berlusconi volle complimentarsi direttamente con lui. Poi, un bel giorno la Dda ne ordina l’arresto con un fardello di accuse da far tremare i polsi: associazione camorristica, estorsione, minacce aggravate dal metodo mafioso, corruzione e chi più ne ha più ne metta. Di lì il solito inferno mediatico, politico e giudiziario cui la cronaca ci ha abituati.

 

Ieri per Alberico Gambino (foto) ex sindaco di Pagani (grosso centro tra Napoli e Salerno), consigliere regionale del Pdl, è giunta la fine di un incubo iniziato il 15 luglio del 2011, data del suo arresto durante il quale venne demolito un pezzo del comune dell’agro nocerino-sarnese, tra dirigenti e impiegati, oltre ad alcuni imprenditori ed una serie di personaggi equivoci ritenuti suoi sodali nell’ambito del disegno malavitoso col quale l’ente veniva gestito.

Assoluzione piena dall’accusa principale e relativi corollari giuridici, in particolare l’aggravante ex art.7 sul metodo mafioso: Gambino non è un camorrista, con quegli esponenti del così detto clan “Petrosino-D’Auria” (tra l’altro pure loro assolti e tornati liberi) non aveva nulla a che fare, del metodo intimidatorio tipico della camorra nessuna traccia.

Crolla dunque l’impalcatura del processo “Linea d’ombra”, dal nome del blitz di due anni fa: un’operazione che ha determinato l’interruzione anticipata della consiliatura, l’estromissione di Gambino dalla vita politica e lo scioglimento dell’ente per infiltrazioni mafiose con successiva nomina di un commissario prefettizio. In città e provincia, poi, soliti cortei e manifestazioni al grido di «grazie magistrati per averci liberato» e roba del genere. I giudici, a quanto pare, hanno visto un altro film.

Gambino è invece stato ritenuto colpevole per una sola delle ipotesi di reato contestate: cioè di aver fatto pressione su un imprenditore per l’assunzione di un suo conoscente, assunzione tra l’altro manco andata in porto. Due anni e 10 mesi, più l’interdizione dai pubblici uffici per un anno: ma non tornerà in carcere perché il grosso l’ha già scontato «cautelarmente».

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 13 mazo 2013)

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