ARCHIVIOLiturgia, la lectio magistralis del «piccolo Ratzinger»

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Canizares antonio cardinal

SALERNO- Nel salone degli stemmi del palazzo arcivescovile di Salerno il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Sacramenti e la disciplina del Culto divino, ha tenuto il 23 gennaio una lectio magistralis sul tema “l’Eucarestia e il Sacerdozio nell’anno della fede”.

 

Chiamato da Benedetto XVI a reggere l’organo della S. Sede deputato alla corretta applicazione della liturgia, intesa come lex orandi della Chiesa, l’azione di Cañizares si colloca nella generale strategia del pontificato benedettino con l’obiettivo primario della centralità della liturgia nel suo nesso lex credendi – lex orandi, ovvero con la liturgia quale parametro ultimo della fede professata. La stessa nomina di Cañizares al dicastero vaticano, voluta da Ratzinger in sostituzione del nigeriano Arinze, dimissionario per raggiunti limiti di età, appassionato difensore della latinità della Chiesa cattolica pur nella sua origine africana, ne è la prova. Cañizares, come arcivescovo di Toledo e primate della Spagna, ha rappresentato il baluardo della chiesa spagnola dell’etica tradizionale messa in discussione dal riformismo di Zapatero e, all’interno della compagine ecclesiastica, è tra quei teologi il cui pensiero è maggiormente in sintonia con l’organica visione di Benedetto XVI. Innanzitutto in tema di liturgia. E l’incontro salernitano, organizzato dall’Associazione Veritatis Splendor, è stata l’occasione per ribadire tutti questi temi entro l’argomento della conferenza, con l’occasione data dalla presentazione degli ultimi lavori teologici sulla connessione tra mistero eucaristico e funzione sacerdotale di don Mauro Gagliardi, teologo salernitano, consultore proprio alla Congregazione dei Sacramenti.

In questo senso la relazione del porporato si è sviluppata sulla centralità dell’adorazione quale premessa naturale al tema eucaristico e sacerdotale. Se infatti l’Eucarestia è fonte e culmine per la vita della Chiesa, secondo la formula canonica del Concilio, essa non può prescindere dall’adorazione che è il segno della presenza reale di Cristo nel sacramento. Su questo tema, è noto, si è segnata la vera divisione nel passaggio dal rito tridentino al rito riformato postconciliare della messa. Su questo tema è ritornato spesso Benedetto XVI mettendo in guardia dal ridurre la “partecipazione attiva”, cui spesso è stata ricondotta la ragione della riforma conciliare, a puro “agire esterno”. A tale proposito Cañizares si è mostrato particolarmente incisivo laddove ha invitato a recuperare il senso del mistero, tanto spesso travolto dalla pretesa di protagonismo di coloro che ritengono di essere attori della celebrazione, sia sacerdoti sia fedeli. Il mistero eucaristico, voluto da Cristo come memoriale della sua passione e come pegno della sua presenza nella storia sino al suo definitivo compimento, ha come attore unico Cristo stesso, verso cui tutti, sacerdote e fedeli, devono convergere nella celebrazione della messa, conversi ad Dominum.

Essere “rivolti al Signore”, spiritualmente, ma anche fisicamente, come suggeriva la convergenza dello sguardo dei fedeli e, allo stesso tempo, del sacerdote, verso il “razzo centrico” della celebrazione, la croce al centro dell’altare, anche questa rimossa da una malintesa lettura dell’istruzione al nuovo Messale romano, anche questa ripristinata da Benedetto XVI nella sue celebrazioni, con scarso seguito, è da dire, innanzitutto nella prassi di celebrazione dei vescovi.

Sul tema delle riforme postconciliari, o meglio della loro ricezione arbitraria, il dibattito seguito alla conferenza ha evidenziato alcune questioni che s’impongono all’attenzione ecclesiale. Innanzitutto la questione, già affrontata da alcuni episcopati, circa la corretta traduzione proprio della formula consacratoria del calice, il cuore stesso della messa, il cui originale latino, che traduce fedelmente il testo greco nella combinazione della I lettera ai Corinzi – vangelo di Luca e del vangelo di Marco – Matteo, recita qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum (che sarà versato per voi e per molti per la remissione dei peccati). La traduzione italiana del Messale romano riporta all’inverso “per voi e per tutti”, con uno slittamento verso la generalità suggerito da quella che il Papa definisce “traduzione contenutistica” per cui l’interpretazione si sovrappone alla lettera stessa. Inoltre, l’adattamento postconciliare sembra suggerire l’idea di “una grazia a buon mercato” di cui tutti sono chiamati a beneficiare. Tuttavia, se la chiamata alla redenzione di sicuro è universale, non lo è così per la salvezza che deve incontrare la positiva volontà degli uomini, e il conio originale della formula proprio a questo sembra alludere.

Benedetto XVI nel sostenere con i vescovi tedeschi nel 2012 la necessità del ripristino della formula originaria ha dato altresì ragione dell’inclusione pro vobis, riferita agli apostoli dell’ultima cena, con l’attualizzazione del mistero in ogni celebrazione, e pro multis per i credenti a venire in nome del sacrificio espiatorio universale del Servo di Javé, già preconizzato da Isaia. Anche su questo il cardinale ha dichiarato il suo sostegno al ripristino del tenore letterale della formula di consacrazione, sottolineando come in altre prassi liturgiche, tra cui quella mozarabica da lui frequentata, non vi sia stato cambiamento di sorta.

La dichiarazione di Cañizares, in quanto supervisore delle traduzioni del Messale nelle varie lingue dall’edizione tipica latina, sarà destinata ad incrociare anche la posizione della Conferenza episcopale italiana, che, nel 2010, ha respinto a maggioranza schiacciante (171 voti su 187) la proposta di ripristino del testo originario. Singolare posizione per una conferenza episcopale che annovera come suo naturale presidente il Papa, primate d’Italia, assertore dell’autenticità della liturgia come segno identitario della Chiesa, ma che ha espresso anche critiche non velate al motu proprio sulla liberalizzazione del Messale tridentino, attraverso l’ex responsabile per la liturgia, mons. Brandolini.

Sintomo, in ultima analisi, di una ricezione non sempre lineare del magistero papale anche da parte di quegli episcopati che professano una prossimità anche fisica alla Sede apostolica. Ed anche questa è una questione destinata all’attenzione della congregazione di Cañizares, la cui statura di teologo non a caso gli ha meritato nell’organigramma della curia di Ratzinger il posto delle decisioni che per il Papa stesso contano sul serio.

Nicola Russomando

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Redazione Eolopress

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