ARCHIVIOUn buco nel muro e via: in fuga tre detenuti

admin13/12/2012

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Hanno scavato attorno ai blocchi del muro del bagno della cella che dividevano in quattro: dal buco ricavato nella parete si sono poi calati con un lenzuolo seguendo il più classico dei cliché. Raggiunto il muro di cinta, non sorvegliato specialmente nel cuore della notte, è stato sufficiente sistemare panche di legno su un cassonetto dell’immondizia ed utilizzare il tutto come scala. Un salto e via, verso la libertà. Per quanto tempo ancora non si sa.

 

 
Non è un film ma la sintesi di ciò che è successo l’altra notte nel carcere di Bellizzi Irpino, in provincia di Avellino, dal quale sono scappati quattro detenuti «dall’elevato fine pena» come si dice in gergo penitenziario. Cioè individui che nella migliore delle ipotesi avrebbero finito di scontare il carcere tra almeno dodici anni. Omicidio, tentato omicidio, associazione camorristica, rapina a mano armata e violenza, è il loro biglietto da visita: gente tosta e realmente pericolosa. Si tratta di due pugliesi, un calabrese e un campano, quest’ultimo il più pericoloso del gruppo con un curriculum criminale di «riguardo» nonostante il suoi 24 anni.

Questi i loro nomi: Cristiano Valanzano, di Vico Equense (Napoli), fine pena nel 2028; Salvatore Castiglione, di Crotone, fine pena nel 2036; Fabio Pignataro, di Mesagne (Brindisi), fine pena nel 2025 e Daniele Di Napoli, 28 anni, originario di Taranto (fine pena nel 2024). Quest’ultimo è stato già riacciuffato a metà mattinata di ieri a Francavilla sul Sinni, in provincia di Potenza: si trovava a bordo di un’autovettura Fiat Doblò rubata poche ore prima a Episcopia, nel potentino, quando una paletta dei carabinieri gli si è parata innanzi d’improvviso ad un posto di blocco. Le verifiche sulla targa del veicolo hanno immediatamente fatto luce sull’origine del mezzo e così Di Napoli, messo alle strette dai militari lucani, ha ceduto, raccontando di essere uno degli evasi da Bellizzi Irpino.

Gli altri fuggitivi, secondo le ricostruzioni più verosimili delle ultime ore, si trovavano invece a bordo di un’altra automobile rubata, una Panda: il Doblò fungeva da «civetta», cioè procedeva davanti a loro proprio per avvistare eventuali blocchi delle forze dell’ordine. Quando i tre fuggiaschi hanno visto la pattuglia dei carabinieri subito hanno invertito il senso di marcia: dopodiché ne è nato un inseguimento conclusosi in un’area di servizio a pochi chilometri dal posto di blocco, dove gli evasi hanno abbandonato l’automobile dandosi alla fuga per le campagne circostanti. Naturalmente, appena lanciato l’allarme, è partita una gigantesca caccia all’uomo tra Puglia e Campania con l’impiego di elicotteri e unità cinofile.

Come tutto ciò sia stato possibile rimane ancora un mistero. Scavare un buco nel muro di una cella, benché classico come sistema, ingenera numerosi dubbi sulla possibilità che i quattro abbiano potuto godere di qualche complicità: oltre ad evidenziare, drammaticamente, lo stato di manutenzione delle pareti di un immobile che tutto è tranne che una comunità di boy scout. La procura della Repubblica di Avellino ha già aperto un’inchiesta per l’accertamento delle eventuali responsabilità e per far luce sulle modalità stesse dell’evasione. Indagini che anche i diversi sindacati della polizia penitenziaria hanno continuato a sollecitare fino a ieri sera con numerose note stampa indirizzate al Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) e al ministero della Giustizia.
Al momento in cui Libero va in stampa la caccia è ancora aperta.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 13 dicembre 2012)

 

 

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