Non è detto che quando due squadre di calcio si affrontano, seppur in serie minori, ci si contrapponga unicamente per ragioni di cuore, di tifo o di territorio. A Napoli può accadere qualcosa in più, come sempre. Ad esempio, può succedere (com’è effettivamente successo solo 72 ore fa) che una formazione calcistica giovanile venga subissata di fischi, urla e imprecazioni varie da idioti da stadio un po’ diversi dallo standard normale, sempre che di normalità si possa parlare in certi contesti.
Appena una delle giovani promesse del Quarto, società sportiva gestita fino a qualche anno dal terribile clan Polverino di Marano, sfiorava la palla, i «tifosi» della Pianurese Boys scattavano come un sol uomo riempiendo l’aria di una serie irriferibile di aggettivi contro il magistrato, la polizia, i carabinieri, insomma contro tutto quell’universo “legale” ancora immaginato come il nemico numero uno da interi pezzi di popolazione locale. Non esattamente uno spettacolo edificante. Difficile credere si tratti di veri e propri affiliati alla malavita organizzata: l’immaginario più diffuso ci consegna questo cliché ma chi ha un minimo di dimestichezza con certi problemi sa bene che la camorra fa di tutto per mantenere un profilo basso. Di certo si trattava di figure border line, al confine tra i due mondi, spesso agili nuotatori nel mare della delinquenza: se a questo aggiungi il tratto dell’ultras, ecco che la miscela di fa esplosiva. Del resto, che l’antimafia sia poco gradita in alcuni ambiti territoriale è storia più che nota.
Naturalmente sull’accaduto è stata già redatta un’informativa riservata per i magistrati della procura napoletana che, facile immaginarlo, prenderanno i primi provvedimenti da qui a qualche settimana.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 18 settembre 2012)