ARCHIVIOAvanti il prossimo: tocca alla Campania

admin22/09/2012
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Consiglio_regionale_campania_2

A Napoli si parla già della «Pisana alla napoletana», gioco di parole per indicare che dalla sede del consiglio regionale del Lazio sia partita un’onda lunga già infranta contro l’omologo palazzo campano. Il dato secco di cronaca, in effetti, è quello, cioè che la procura ha acceso i fari sul così detto «parlamentino» della Campania a caccia di reati. In primis: il peculato, vale a dire l’appropriazione di danaro (o altro) pubblico a fini personali. Nessuna distinzione politica tra centrodestra e centrosinistra: fonti della Finanza fanno sapere che l’inchiesta riguarda tutti i gruppi politici.

 

Che sia casuale oppure collegato ai fatti della Regione guidata da Renata Polverini (ipotesi poi smentita dagli inquirenti) il blitz di ieri mattina, ha tutte le premesse per trasformarsi in uno tsunami. Soprattutto mediatico. Impossibile dirlo con certezza, facile però immaginarlo dal momento che i documenti acquisiti dagli uomini della polizia tributaria riguardano il periodo che va dal 2008 ad oggi: cioè 4 anni a cavallo tra la fase decadente del chiacchierato Rinascimento bassoliniano (anche se il «focus» è sul consiglio e non sulla giunta) e l’avvio di una fase nuova con l’elezione del socialista Stefano Caldoro. Prima c’era Sandra Mastella a dirigere il legislativo campano, oggi c’è Paolo Romano, ex forzista vicino a Nicola Cosentino ma da qualche tempo considerato più «incline» verso le posizioni del governatore.

L’unico elemento ancora confuso è invece il punto di partenza. Cioè: chi è il consigliere regionale sottoposto ad indagine per peculato, da un’intercettazione del quale sarebbe scaturita la decisione dei magistrati di spedire i finanzieri al Centro direzionale? E, prima ancora, siamo sicuri che tutto nasca da lì? Non è facile raccapezzarsi, almeno non in questa fase. Di consiglieri regionali indagati dal 2008 ad oggi ce ne sono diversi, i loro nomi girano nel mulinello di queste ore ed abbracciano indifferentemente le maggioranze di ieri, le minoranze di oggi e viceversa. Ci sarebbe da tener conto pure del «fattore faida», nel senso che da denunce ad hoc -magari di qualcuno col dente avvelenato, che non manca mai in nessuna parte- sia poi scaturita la valanga. A giudicare però dall’eterogeneità dei protagonisti passivi -dall’Udeur al Pd, dal Pdl all’Udc- la sensazione è che si colpisca al di là dell’appartenenza: il che non esclude in sé l’esistenza di un regolamento di conti interno alla politica campana. Altro elemento potenzialmente significativo è l’identità di uno degli inquirenti, il pm Novelli, uno di quelli che ha a lungo indagato su Bassolino e sui rifiuti.

Il presidente Paolo Romano ha illustrato, fin dove ha potuto, i fatti al di là del generico “abbiamo fiducia e siamo a disposizione della magistratura”. Si è parlato di milioni di euro a disposizione dei gruppi consiliari: Romano indica le riduzioni dei budget rispetto agli anni precedenti. Nei capitoli di spesa interessati dagli accertamenti giudiziari, le poste di bilancio 2012 approvate dal consiglio assegnano infatti 1.585.891 euro per le spese dei gruppi; per il fondo comunicazione dei gruppi sono 1.523.000; per il fondo assistenza attività dei gruppi invece si tratta di 1.891.000 euro. Altri 50mila sono destinati al rappresentante dell’opposizione. Complessivamente per il funzionamento del consiglio la riduzione è nell’ordine di circa trenta milioni: nessuna auto blu, tranne che per Caldoro e lo stesso Romano, nessun monogruppo, niente di tutto ciò che vada nella direzione dello spreco. Fatto pur apprezzabile ma che non può tecnicamente escludere un reato specifico compiuto da chicchessia. E neppure darlo per scontato. Si vedrà.
Dal suo canto il presidente Caldoro, intenzionato pur egli a mettere la faccia in questa storia non foss’altro per non lasciar solo Romano, rammenta ciò che Standard & Poor’s scrisse nel luglio scorso quando abbassò il rating della Campania da “BBB+” a “BBB”. Si legge, in sintesi, nell’atto dell’agenzia internazionale che «la Regione è ancora alle prese con vecchie abitudini del passato dure a morire». Un indizio significativo.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 22 settembre 2012)

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