ARCHIVIO«Quella p… non s’è ripresa». E i dottori truccano la cartella clinica della bimba

admin18/07/2012
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Neonata_in_incubatrice

«In genere si rianimano da soli quando li stimoliamo in quel modo; invece ‘sta p…. non s’è più ripresa, io che ci potevo fare?». Premesso che tutto ciò è stato detto in dialetto napoletano con tipica inflessione dell’area interna della provincia, e che i puntini sospensivi alludono ad un improbabile meretricio, si tratta della frase centrale della tragica vicenda di Antonia, sfortunata bambina di Boscotrecase nata e morta in soli cinque giorni.

I fatti sono avvenuti nel novembre del 2010. La madre entra in sala parto, sembra che tutto stia procedendo bene ma qualcosa all’ultimo momento va storta e la piccola viene trasferita da Boscotrecase alla terapia intensiva neonatale del “Monaldi”, a Napoli città. Passano pochi giorni e, purtroppo, per lei non ci sarà più nulla da fare. Di lì scatta un’inchiesta giudiziaria sulla base della denuncia del papà di Antonia per una presunta imperizia medica durante il parto e due ginecologi e un’ostetrica finiscono nei guai. Il primario del reparto e la donna vengono messi ai domiciliari mentre l’altro ginecologo è colpito dall’obbligo di dimora. Insomma, una delle tante storie della così detta malasanità che popolano le cronache italiane, specie negli ultimi anni, aggravata dal tentativo di inquinare le prove con la manomissione della cartella clinica. Almeno questa è l’accusa formulata dalla magistratura. Libero se ne occupò quando la notizia esplose in tutta la sua brutale ordinarietà.

Ma quelle parole, riferite ad un essere umano che chissà per quale oscuro motivo non ha avuto le stesse chance di tutti noi, oggi bruciano di più: e rendono insopportabile l’idea di ciò che possa accadere quando si è in mano altrui per le più disparate ragioni. Non sempre è così, di certo non lo è nei termini in cui ci appare, di fatto però la storia di Antonia è particolarmente complicata, proprio per il contorno che l’ha avvolta sin dall’inizio.
Da novembre scorso ad oggi il processo penale si è trascinato come tutti gli altri: la procura è andata avanti con le indagini, la difesa ha sfoderato le prime armi e la parte offesa ha cercato di ottenere giustizia. Anzi, ad un certo punto sembrava quasi che le cose si stessero mettendo bene per gli imputati. Fino a quando, nell’imminenza della chiusura delle indagini, salta fuori la registrazione audio fatta col telefonino da uno dei medici indagati mentre con i presunti complici «cospirava» per sistemare la faccenda. A modo loro, s’intende: cioè sostituendo la cartella clinica della piccola. 
E qui se ne sentono delle belle, a giudicare dal file pubblicato ieri dal Corriere del Mezzogiorno.

«Vediamo di metterla a posto ora che si può fare, domani potrebbero sequestrarla…» dicono tra loro gli imputati, utilizzando anche quelle parole ingiuriose nei confronti della bambina. L’avvocato Michele Riggi, che insieme al collega Antonio Cirillo tutela i genitori di Antonia, aggiunge di aver provveduto a citare «per responsabilità civile anche l’Asl 5 di Napoli». E conclude con il minimo che si possa provare dinanzi a fatti come questi: «Quelle parole dei medici sono sconvolgenti, sconcertanti». Se ne riparla domani, quando avrà inizio l’udienza preliminare dinanzi al gup.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 18 luglio 2012)

 

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