ARCHIVIOEcco l’ultima: nelle sigarette di contrabbando arsenico, escrementi e pesticidi

admin10/07/2012
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La crisi uccide. Il tabacco pure. Crisi, tabacco e camorra non ne parliamo. Un pezzo di popolazione, cioè, dovrebbe esser lì lì per scomparire a causa della combinazione, fatale e perversa, di questi tre fattori: non ho più i soldi di prima -è il ragionamento- lo Stato aumenta il prezzo delle sigarette, compro dalle mani della malavita il mio vizio suicida, mi resta qualche centesimo in più in tasca ma dal calendario del mio ciclo vitale devo sottrarre qualche giorno in più. Perché?

Ce lo spiega il BAT, che non è l’acronimo di quel mostro a tre teste risorto nella provincia pugliese di Barletta-Andria-Trani, ma quello della multinazionale «British American Tobacco», i cui tecnici hanno studiato, approfondito e sentenziato che non c’è più il contrabbando di una volta. Un tempo, fumando una sigaretta acquistata dalla prima «zì Marietta» che incontravi nei vicoli, al massimo tossivi più forte o la bocca si guastava più del solito, la differenza nel trattamento del tabacco il fumatore l’avverte subito: oggi – ci informano gli scienziati pagati dai venditori- la faccenda s’è fatta seria perché ad ogni boccata, bronchi, polmoni e sistema circolatorio si impregnano di arsenico, peli di topo, uova di insetti, zanzare, filamenti di metallo, pesticidi, veleni per topi, arsenico, segatura, coleotteri, escrementi, plastica, capelli e piombo. E’ quello che avrebbero trovato analizzando i residui del tabacco illegale nei laboratori di Southampton. Il che è come chiedere a Vuitton se le borse che vendono i senegalesi siano di buona qualità. Considerando che le balle di sigarette di contrabbando viaggiano nei posti più impensabili, in acqua, in cielo e per terra, normalmente non ci trovi dentro tracce di petali di rosa, ciclamino o mentuccia profumata.
Della vicenda ne ha dato testimonianza un informato dossier del Corriere del Mezzogiorno.

Non ci sono solo le sigarette di contrabbando classiche ma pure quelle «pezzottate» che, in slang napoletano, significa false: cioè taroccate, come un cd o una borsetta Prada qualsiasi. C’è la descrizione delle nuove rotte illegali, la prevalenza del giallo (leggasi cinese) sul mercato, l’immancabile dominio dei clan mafiosi, il monopolio standard di Campania e Puglia e, infine, la maxi cupola mondiale che governa tutto.

Ecco, sostituisci i nomi di Marsiglia, Napoli e Bari con quelli di Shangai, Dubai e Mosca, dopo esser passato per Tirana, Belgrado e Sofia, ed hai la “nuova mappa” del traffico. Come se quello della droga non fosse già sufficiente a capirne di più: non l’ha scoperto mica il BAT che il business del contrabbando è in stabile crescita da qualche anno e che i proventi servono anche per finanziare l’unico vero, concreto, astronomico affare di tutte le malavite del mondo, gli stupefacenti.
Occhio a chi ti offre una sigaretta, dunque: meglio andare direttamente dal pusher, almeno muori contento.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 10 luglio 2012)

 

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