Angelo Vassallo lo merita tutto il cordoglio piovuto da ogni parte della società italiana. Per la cattiveria con cui è stato ucciso, per la novità di un omicidio in una terra estranea da sempre a questo tipo di barbarie ma, soprattutto, per la cifra del personaggio. Tirato di qua e di là prima come ambientalista, poi come sindaco-sceriffo, infine come para leghista del profondo sud: era del Pd, vero, dove esserlo in un paesino come Pollica non significa assolutamente niente.
Molti si interrogano su cosa possa aver armato la mano di un killer deciso ad oltraggiarlo in quel modo: solo chi odia tanto, tantissimo, si accanisce premendo il grilletto 9 volte. Oppure chi non ha molta dimestichezza con le armi. Le indagini chiariranno. Di certo c’è che il miglior modo per onorare un simpatico ed intraprendente sindaco è raccontare la verità. Dirla tutta: il rischio è l’alterazione di un contesto e la letterarizzazione di una tragedia. Come nel caso dell’articolo di Roberto Saviano (nella foto) su Repubblica. L’incipit è drammatico-tenebroso, la traiettoria delle pallottole, il significato recondito del delitto, lanciare un messaggio. Ma è proprio così? Ce lo si chiede perché l’articolo offre imprecisioni gravi per un esperto del settore: dalla collocazione geografica dei clan ai nomi dei capicosca, dalle attività economiche alla penetrazione dei casalesi, per finire a dove si trovino alcuni paesi. Qualche esempio? L’autore di Gomorra scrive: «I clan dell’agro nocerino sono sotto osservazione: quelli di Scafati capeggiati da Franco Matrone, o gli uomini di Salvatore Di Paolo, quelli di Pagani capeggiati da Gioacchino Petrosino D’Auria, il clan di Aniello Serino, il clan Viviano di Giffoni, i Mariniello di Nocera Inferiore, i Viviano di Giffoni, i Prudente di Nocera Superiore, i Maiale di Eboli». Tutto vero, se non fosse che sono stati annientati da un minimo di 5 anni ad un massimo di 18 anni fa. I Maiale di Eboli? Nel 1992 l’antimafia li preleva tutti ed oggi sono ridotti a chiedere sussidi al comune, al massimo a vendere angurie d’estate. Al loro posto ci sono gruppi di rom stanziali che dispongono di immense quantità di danaro contante. I Serino di Sarno? In un’informativa dei carabinieri di 6 anni fa si legge: «Dopo l’arresto del boss, della moglie e del figlio il gruppo si può considerare ormai estinto». I Viviano di Giffoni? Non c’è mai stato alcun clan con quel nome in quella zona: gli unici Viviani, ma con la “i”, esistevano sì fino a 4 anni fa ma ad Ogliara di Salerno, oggi il 90% di loro è in galera. D’Auria boss di Pagani? Difficile dirlo in un posto dove il controllo vero è di un clan terribile, il Fezza, alleato con i napoletani Limelli-Vangone. Stesso discorso per i Di Paolo di Scafati, spacciatori di crack nel solo quartiere Iacp, asserviti un tempo agli Aquino-Annunziata della vicina Boscoreale. Dei Prudente si è sentito parlare pochissimo. Diciamo quasi niente. Qualche problemino con le geografia non manca: Saviano parla di «Montecorvino Rovella, paesino alle soglie del Cilento» tralasciando il fatto che è invece un centro dei Picentini a non meno di 50 km distante. Ancora: lo scrittore scrive che il fratello del boss (questo sì un calibro da 90) Mario Fabbrocino è concessionario dell’Algida, sempre a Montecorvino. In realtà qui si fa confusione perché si tratta dei nipoti che stavano a Castellabate e che nulla hanno a che vedere con la camorra. A meno che un’azienda come l’Algida non dia la concessione ai camorristi. Chissà cosa avrebbe detto Vassallo dopo aver letto che «per le gare d’appalto per la raccolta rifiuti bisogna chiamare un’impresa ligure perché in Campania non se ne trova una che non abbia legami con la camorra. Nemmeno una». Nemmeno una? Una c’è, si chiama “Sarim srl”, gestisce il ciclo dei rifiuti, non da oggi, in almeno 4 centri importanti: Bellizzi, Pontecagnano, Eboli e Sarno. Azienda regolare, passata ai raggi X migliaia di volte e, Saviano permettendo, della camorra non aveva neppure la puzza.
Peppe Rinaldi dal quotidiano “Libero”