ARCHIVIOAd Eboli il Generale Gonzaga trovò la morte

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truppe nazifasciste

Il mondo degli storici da circa sessant’anni s’interroga sugli avvenimenti che portarono alla morte il generale Ferrante Gonzaga. Divergenti le teorie sul luogo dell’eccidio, molte le tesi in merito a quelle che furono le ultime ore dell’illustre ed insigne militare. Ma è dai ricordi vividi e dettagliati di un egregio agronomo ebolitano, appassionato storico e testimone oculare di quei tragici accadimenti che riaffiora la verità su quanto consumatosi in quel settembre del ’43 nei territori del Sele.


Francesco Paolo Abbinente, al tempo un ragazzo, amava frequentare casa Conforti, amico intimo di un cameriere che lì prestava servizio, nonchè di colui che fu successivamente nominato dagli alleati sindaco della città, ovvero Raffaele Romano Cesareo. Furono loro a raccontare al giovane Abbinente cosa accadde quel giorno dell’8 settembre sulle colline di Eboli e della grande premura nel nascondere quel corpo trucidato al popolo, temendo una sommossa.
“Non è un mistero
– spiega F.Paolo Abbinente- la morte del generale Gonzaga avvenne in questo territorio, strano che gli storici lo abbiano ignorato”, così abbandonandosi ai ricordi, rammenta: “Quel pomeriggio dell’8 settembre 1943 fu fatale per il Gen. Ferrante Gonzaga, da poco era stata diffusa ufficialmente la notizia dell’armistizio e la resa in guerra dell’Italia; solo l’ex alleato tedesco continuava l’azione bellica. Di lì a poco un side-car con a bordo un sottufficiale e un soldato tedesco (più tardi riconosciuto come il maggiore von Alvensleben della 16ª Panzerdivision, stanziata in zona), percorse velocemente una strada aziendale della proprietà Conforti per raggiungere il luogo ove era alloggiato il quartier generale con a capo il Gonzaga, comandante della 222ª divisione costiera italiana. Costui fece intimare l’alt ai due militari, precisando che ormai quel suolo era protetto dalla sovranità italiana e li obbligò ad una drastica retromarcia. Ma all’imbrunire il comandante Gonzaga per non coinvolgere i civili, lì rifugiati, in un possibile scontro a fuoco con le truppe tedesche intraprese il trasferimento del presidio in un’altra zona della proprietà Conforti, nelle grotte ubicate a monte della piccola chiesa della Madonna del Mare, posta a confine tra i comuni di Eboli e Battipaglia
,( oggi ancora visibile lungo la statale 19 in territorio ebolitano). Ma mentre si provvedeva alla sistemazione dell’armamento i tedeschi ricomparvero nel buio ed aprirono il fuoco impugnando le mitragliatrici. Il Generale colpito cadde al suolo con l’arma in pugno, che non ebbe il tempo di azionare e si accasciò, pronunciando le parole: “un Gonzaga non si arrende ad un soldato tedesco”.

Dai ricordi di gioventù di F.Paolo Abbinente si ricostruisce così la storia di luoghi e personaggi che durante il secondo conflitto bellico giocarono un ruolo di primo piano nella liberazione della penisola. Ferrante Gonzaga fu forse il “primo caduto della guerra di liberazione”, ucciso dai tedeschi esattamente un’ora dopo l’annuncio della resa, ma sebbene l’episodio sia stato ricordato ampiamente, la testimonianza diretta del professore Abbinente svela quanto per anni è rimasto ignoto. Il corpo del Generale fu, infatti, nascosto per impedire un’insurrezione popolare e fu proprio Raffaele Romano Cesareo ad incaricare successivamente due vigili urbani per la ricerca del corpo.
Fu in una cabina elettrica in muratura, “all’epoca edificata in località S. Giovanni di Eboli– spiega Abbinente- per servire l’adiacente campo baraccato militare, ubicato a ridosso della linea ferroviaria di Potenza, prima dell’omonimo ponte sulla strada d’accesso al paese venendo da Battipaglia, che venne rinvenuto il corpo del valoroso Generale Ferrante Gonzaga. Quella cabina in muratura alta come una torre (demolita nell’immediato dopoguerra) era posta sulla scarpata sottostante la ferrovia, quasi dirimpetto al cancello della proprietà Del Grosso e leggermente spostata verso Eboli”.
Fu da una piccola finestra semiaperta di questa piccola cabina che i due vigili urbani notarono un corpo, intravedendone uno stivale. Così furono rinvenute le spoglie del grande uomo che oggi l’Italia ricorda come un difensore della patria e al quale riservò una medaglia d’oro al valor militare. Di certo gli accadimenti tumultuosi del dopo-armistizio coinvolsero centinaia di migliaia di militari in aree lontanissime, ma è su queste terre che si consumarono le pagine più tragiche di quel settembre del ’43 ed è nei ricordi dei testimoni oculari che ancora oggi riaffiorano pagine importanti della storia d’Italia.

*Francesco Paolo Abbinente, al tempo un ragazzo, amava frequentare casa Conforti, amico intimo di un cameriere che lì prestava servizio, nonchè di colui che fu successivamente nominato dagli alleati sindaco della città, ovvero Raffaele Romano Cesareo. Furono loro a raccontare al giovane Abbinente cosa accadde quel giorno dell’8 settembre sulle colline di Eboli e della grande premura nel nascondere quel corpo trucidato al popolo, temendo una sommossa.

Redazione Eolopress

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